Benvenuto a World Basement Gallery

BLACK BOX
RAFFAELLO TALO'
Sulla nostra piattaforma virtuale fino al14 febbraio
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Silvia Pepe - live performance "Cry"
Alessandra Bisi e Vittorio Raschetti dopo la proiezione del corto "Dimmi che sei mia"- di A.B
Villa Reale di Monza-


Vittorio Simonini, toscano, cappello in testa, eccentrico instancabile artista dell’utopia, con la febbre della poesia negli occhi, con la frenesia della scultura tra le mani. Per lui l’arte è irrequietezza, desiderio di libertà, rifiuto di restrizioni mentali e di confini culturali. Poeta e scultore materico, ha assecondato una vocazione per l’arte che lo ha portato ad evolvere in un linguaggio intenso, iconoclasta, intransigente, etico ed intriso di passione per la nudità dell’anima. Ha trovato nel fuoco una energia primordiale che impiega per accendere le sue sculture di vitalità ed infiammarle di verità.
Anima plasmata su fogli di poli-carbonato trasparente, come materia chimica di provenienza stellare piovuta sulla terra, impressa dall’artista con un rito demiurgico, quasi sciamanico, ancestrale come il fuoco. Una sorta di piro-scultura incendiaria realizzata da un artista che ha rubato il fuoco sacro agli dei e che plasma la materia attraverso l’ignizione dell’immaginazione poetica. La fiamma impiegata da Simonini crea aloni combusti, embrioni semiotici, ritmi di pieni-vuoti tra giochi di concavità che imprimono slancio vitale ma anche mortale nel destino sempre metamorfico delle forme. Una impronta antropomorfa, il resto di una dinamica spirituale inscritta nella trasparenza, puro istinto della forma che modella un archetipo che allude allo persistenza dell’anima ossea di un endo-scheletro sottocutaneo. Il fuoco crea effetti di opacità, fratture, buchi, slabbrature sulla superficie che rimandano a forme organiche. Lembi vaganti sulle superfici, ad un passo dalla dissipazione, pronti ad evaporare lasciando solo memorie disgregate da esalazioni di calore, pura trascendenza dell’anima nella combustione del corpo. Nel torso si viene a creare un vuoto d’aria, una voce interiore, un grido trattenuto, respinto nelle profondità gutturali dell’anima, una apnea cristallizzata nel respiro, come pneuma in una bolla di vetro, pura e trasparente, fragile ed assente, colpevole d’innocenza. Come per un monaco buddista, il darsi fuoco è un atto di fede nella possibilità di trasformare il mondo attraverso un sacrificio personale, allo stesso modo - per Simonini - incendiare le proprie sculture significa purificare la materia salvando l’autenticità dell’arte.
Vittorio Raschetti





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WORLD BASEMENT GALLERY- SANGUE FREDDO-COLD BLOOD
Mostra virtuale
La curatela del progetto di Vittorio Raschetti si fonda su un processo di post-produzione e montaggio analitico sui materiali prodotti da un inter-play e una successione di atti performativi realizzati dall’artista Vittorio Simonini nello spazio di World Basement Gallery. Un dispositivo creativo nato dall’immersione nello spazio potenziale, separato e insieme proiettato nel web, intenso, interiore, e allo stesso tempo gettato nel Mondo. La scrittura dei testi e la produzione dei commenti visivi sono parte strutturante di un insieme inscindibile di produzione inter-semiotica e trans-mediale che costituisce il format di una nuova dimensione curatoriale, artistica e culturale. Il curatore ha scattato ed elaborato lui stesso numerose immagini del progetto durante lo svolgimento. Le opere fotografiche elaborate fissano come oggetto artistico l’artista stesso e le sue sculture allestite nello spazio. Parte integrante della curatela, divengono anch’esse opere fruibili e stampabili su vari supporti. Esposte in questa mostra su piattaforma virtuale. Protette da copyright e trattabili su richiesta riservata per la eventuale acquisizione..

immagini di
Vittorio Raschetti

World Basement Gallery

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Laboratorio del dubbio. Condensazione di forze sotterranee pronte ad espatriare nel mondo.
Macchina inquieta dell'immaginazione riemersa dai segreti della creazione.
Mobile risonanza nell’orizzonte aperto da ospitalità, sensibilità, pratica artistica ed avanguardia culturale.
Vittorio Raschetti
Mauro Bergamaschi
"Veleni Sospesi" Testo di Vittorio Raschetti
Lo stato confusionale del presente incontra la miniatura creando una dissonante macchina artificiale di suggestioni. La precisione maniacale del dettaglio, la fedeltà all’accurata ricostruzione filologica di modelli in scala, consente di evocare micro-mondi che si dispongono in un gioco di allusioni, una mappa del disagio che affonda nel contemporaneo. Una ricerca del passato che urta contro lo strato opaco, la densa consistenza nella materia taciturna. Una crisi linguistica, un destino tutto da contaminare con i mezzi spuri provenienti dall’apparente periferia dell’arte che rasenta l’hobby ma che si inoltra con più coraggio nella terra incognita della pratica artistica. Si tratta di attraversare territori di confine, calpestare un campo minato, accensando ad azioni fuori campo visivo. L’arte è una contro-realtà, è la formalizzazione di un impulso creativo a partire dai materiali concreti che l’artista assume, modella, assembla e unisce per presentarci una contro forma, un modo diverso di apparire delle cose che ci circondano caoticamente, riordinate secondo un sistema costruttivo che contrappone una visione che attraversa il disordine globale. L’arte è in fondo un giardino metafisico ordinato secondo un controllo rigoroso di geometrie e progressiva rarefazione, che culmina in una potente semplicità, un luogo della mente che pone domande filosofiche sul nulla, sulla vacuità, sul senso, sull’assenza, che traccia un percorso di comprensione, di cura, di attenzione, che indica una via di iniziazione tra esperienze di conoscenza. L’arte è questo incontro a distanza che richiede uno stile mobile, un modo di entrare in contatto col mondo, insieme paziente e impaziente. Invisibile, inafferrabile, insondabile, come ciò che è davvero importante. Assemblando opere documentarie sperimentali e spazi etero-topici e visionari si mette in scena l’intersezione tra idee, opere e immaginazione e si attiva una forma di apprendimento trattando la memoria come un continuo processo di scrittura, cancellazione e sovrascrittura in un processo continuo. Il dispositivo in azione funziona come una sorta di gioco di apprendimento, dove fiction, game, storia, estetica, si compenetrano in una modalità di narrazioni multilivello che richiedono un lavoro di decodifica e attivazione di processi di interpretazione simultanea per contribuire a dare un senso alla storia e alle opere. Sia tratta di una operazione assimilabile alla tecnica di straniamento di Brecht che nell’assemblaggio per giustapposizioni determina nello spettatore un percorso di apprendimento attraverso una azione emotiva e cognitiva che permette all’opera di distillare la verità. Plastici e diorami sono trame narrative ambientate in un punto imprecisato tra una realtà fantastica e il caos di una realtà densa di allusioni e simboli. L’ansia di un presente imprevedibile pronto ad affondare nel respiro di una crisi di panico epocale. Occorre illuminare le zone d’ombra grazie al potere allegorico dell’arte con la sua straordinaria capacità evocativa. La grande perfezione in scala unita alla presenza di un dettaglio seminascosto dissonante sono in grado di immettere il falso nella ricostruzione di un ambiente, di un plastico, di un diorama in grado di rievocare una atmosfera psicologica perduta. Le tecniche raffinate di pittura iperrealista uniti agli straordinari effetti di resa dei materiali consentono di restituire un effetto vintage ai materiali, l’usura, la ruggine, le sbavature, le imprecisioni degli effetti pittorici invitano a guardare i modelli tridimensionali con un occhio educato dalla pittura e dalle fonti storiche recuperando il ruolo della immaginazione come strumento di costruzione del sapere. La tecnica del controllo delle élites passa attraverso il possesso dei simboli, la manipolazione dell’immaginario.
In un mondo di virtualizzazione dell’immagine, della ricostruzione attraverso software dedicati, l’impiego di una tecnica manuale di coloritura dei modelli permette di godere di tutta la conoscenza artigianale dei materiali per ricostruire mondi paralleli, narrazioni verosimili, giustapposte a falsi d’autore, pastiches postmoderni ad alta fedeltà, frequentano l’impossibile giustapposto al deja-vu. Una mappatura tecnologica ricca di una gamma di sfumature, di addensamenti di strati delle superfici dove la materialità entra in risonanza strettissima con una reinterpretazione texture che diventa il luogo dove si esprime una nuova materialità attraverso mostra in modo tangibile la sua potenzialità teatralmente atmosferica con gradazione di plasticità, opacità, velature e riflessi di luce. Mimesi e sintesi di materia e luce incastonato in una miniatura inter-mediale che mette in azione un dispositivo di miniatura medievale. Un giardino di delizie alla Bosch che rinvia a una serie di micro mondi entomologici sottesi a una allegoria universale.
Una sintesi plastica generata da combinazioni ed assemblaggi inattesi, generando calembour visivi, giochi linguistici e cortocircuiti concettuali-formali incentrati sulla improvvisa mutazione delle convenzioni oltre il senso comune delle cose. Un realismo artificiale in tonalità cyberpunk dove un mondo di droidi si confonde con rievocazioni storiche. Maniacale, isterico, paranoico come un mondo insieme distopico ed autoptico: pronto a invertire le coordinate dell’umano e dell’artificiale. Assemblaggi che creano paesaggi psicologici, dove è sempre celato un colpo di scena. Oltre l’illusionismo, la reinvenzione di un futuro remoto, di un passato prossimo, di una preistoria postmoderna. Un parco giurassico in miniatura, rarità belliche ricostruite con un rigore estremo, navicelle abbandonate nella desolazione siderale. Un B-movie raramente è in grado di narrare storie credibili in modo classico e lineare, ma spesso è in grado di rivelare molto del qui è ora, una sorta di ermeneutica involontaria in tempo reale, in una specie di diagnosi del presente, cosi il lavoro sui modèllini è in grado di offrire un modalità della rappresentazione e dello spirito del nostro tempo che oltrepassa l’abilità tecnica, il rigore documentario, l’immaginazione dell’artista. Alcuni modelli sono intrisi di design onirico fatto di contaminazioni neo-barocche retro-futuriste, sinistri, enigmatici, attraenti e sfuggenti. Il vuoto pneumatico della storia è una bolla oscillante fuori baricentro, immaginazione inquieta senza rimpianti né legami col tempo, come puro essere sospeso sull’impossibile.
Sottovuoto, silenti e reticenti, come generatori di attenzione, avvolti nella passione della dannazione, attraenti e sfuggenti, appesi ad un destino mancato di desolazione, sospesi, bendati e sbandati, cullati dal vuoto acceso sotto occhi spenti, esseri mutanti di un futuro ancora da decrittare, ma che l’arte è già in grado di annunciare.
Vittorio Raschetti

