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 World Basement Gallery

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Silvia Pepe - live performance "Cry"
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Alessandra Bisi e Vittorio Raschetti  dopo la proiezione del corto "Dimmi che sei mia"- di A.B
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Villa Reale di Monza- In occasione dell'evento espositivo indetto da Mariposa per porre l'attenzione sul femminicidio.
Monza 26 novembre 2022

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Laboratorio del dubbio. Condensazione di forze sotterranee pronte ad espatriare nel mondo.

Macchina inquieta dell'immaginazione riemersa dai segreti della creazione.

Mobile risonanza nell’orizzonte aperto da ospitalità, sensibilità, pratica artistica ed avanguardia culturale.

                                                                                                                            Vittorio Raschetti

Mauro Bergamaschi

"Veleni Sospesi" Testo di Vittorio Raschetti 
 

Lo stato confusionale del presente incontra la miniatura creando una dissonante macchina artificiale di suggestioni. La precisione maniacale del dettaglio, la fedeltà all’accurata ricostruzione filologica di modelli in scala, consente di evocare micro-mondi che si dispongono in un gioco di allusioni, una mappa del disagio che affonda nel contemporaneo. Una ricerca del passato che urta contro lo strato opaco, la densa consistenza nella materia taciturna. Una crisi linguistica, un destino tutto da contaminare con i mezzi spuri provenienti dall’apparente periferia dell’arte che rasenta l’hobby ma che si inoltra con più coraggio nella terra incognita della pratica artistica. Si tratta di attraversare territori di confine, calpestare un campo minato, accensando ad azioni fuori campo visivo. L’arte è una contro-realtà, è la formalizzazione di un impulso creativo a partire dai materiali concreti che l’artista assume, modella, assembla e unisce per presentarci una contro forma, un modo diverso di apparire delle cose che ci circondano caoticamente, riordinate secondo un sistema costruttivo che contrappone una visione che attraversa il disordine globale. L’arte è in fondo un giardino metafisico ordinato secondo un controllo rigoroso di geometrie e progressiva rarefazione, che culmina in una potente semplicità, un luogo della mente che pone domande filosofiche sul nulla, sulla vacuità, sul senso, sull’assenza, che traccia un percorso di comprensione, di cura, di attenzione, che indica una via di iniziazione tra esperienze di conoscenza. L’arte è questo incontro a distanza che richiede uno stile mobile, un modo di entrare in contatto col mondo, insieme paziente e impaziente. Invisibile, inafferrabile, insondabile, come ciò che è davvero importante. Assemblando opere documentarie sperimentali e spazi etero-topici e visionari si mette in scena l’intersezione tra idee, opere e immaginazione e si attiva una forma di apprendimento  trattando la memoria come un continuo processo di scrittura, cancellazione e sovrascrittura in un processo continuo. Il dispositivo in azione funziona come una sorta di gioco di apprendimento, dove fiction, game, storia, estetica, si compenetrano in una modalità di narrazioni multilivello che richiedono un lavoro di decodifica e attivazione di processi di interpretazione simultanea per contribuire a dare un senso alla storia e alle opere. Sia tratta di una operazione assimilabile alla tecnica di straniamento di Brecht che nell’assemblaggio per giustapposizioni determina nello spettatore un percorso di apprendimento attraverso una azione  emotiva e cognitiva che permette all’opera di distillare la verità. Plastici e diorami sono trame narrative ambientate in un punto imprecisato tra una realtà fantastica e il caos di una realtà densa di allusioni e simboli. L’ansia di un presente imprevedibile pronto ad affondare nel respiro di una crisi di panico epocale. Occorre illuminare le zone d’ombra grazie al potere allegorico dell’arte con la sua straordinaria capacità evocativa. La grande perfezione in scala unita alla presenza di un dettaglio seminascosto dissonante sono in grado di immettere il falso nella ricostruzione di un ambiente, di un plastico, di un diorama in grado di rievocare una atmosfera psicologica perduta. Le tecniche raffinate di pittura iperrealista uniti agli straordinari effetti di resa dei materiali consentono di restituire un effetto vintage ai materiali, l’usura, la ruggine, le sbavature, le imprecisioni degli effetti pittorici invitano a guardare i modelli tridimensionali con un occhio educato dalla pittura e dalle fonti storiche recuperando il ruolo della immaginazione come strumento di costruzione del sapere. La tecnica del controllo delle élites passa attraverso il possesso dei simboli, la manipolazione dell’immaginario.

In un mondo di virtualizzazione dell’immagine, della ricostruzione attraverso software dedicati, l’impiego di una tecnica manuale di coloritura dei modelli permette di godere di tutta la conoscenza artigianale dei materiali per ricostruire mondi paralleli, narrazioni verosimili, giustapposte a falsi d’autore, pastiches postmoderni ad alta fedeltà, frequentano l’impossibile giustapposto al deja-vu. Una mappatura tecnologica ricca di una gamma di sfumature, di addensamenti di strati  delle superfici dove la materialità entra in risonanza strettissima con una reinterpretazione texture che diventa il luogo dove si esprime una nuova materialità attraverso mostra in modo tangibile la sua potenzialità teatralmente atmosferica con gradazione di plasticità, opacità, velature e riflessi di luce. Mimesi e sintesi di materia e luce incastonato in una miniatura inter-mediale che mette in azione un dispositivo di miniatura medievale. Un giardino di delizie alla Bosch che rinvia a una serie di micro mondi entomologici sottesi a una allegoria universale.

Una sintesi plastica generata da combinazioni ed assemblaggi inattesi, generando calembour visivi, giochi linguistici e cortocircuiti concettuali-formali incentrati sulla improvvisa mutazione  delle convenzioni oltre il senso comune delle cose. Un realismo artificiale in tonalità cyberpunk dove un mondo di droidi si confonde con rievocazioni storiche. Maniacale, isterico, paranoico come un mondo insieme distopico ed autoptico: pronto a invertire le coordinate dell’umano e dell’artificiale. Assemblaggi che creano paesaggi psicologici, dove è sempre celato un colpo di scena. Oltre l’illusionismo, la reinvenzione di un futuro remoto, di un passato prossimo, di una preistoria postmoderna. Un parco giurassico in miniatura, rarità belliche ricostruite con un rigore estremo, navicelle abbandonate nella desolazione siderale. Un B-movie raramente è in grado di narrare storie credibili in modo classico e lineare, ma spesso è in grado di rivelare molto del qui è ora, una sorta di ermeneutica involontaria in tempo reale, in una specie di diagnosi del presente, cosi il lavoro sui modèllini è in grado di offrire un modalità della rappresentazione e dello spirito del nostro tempo che oltrepassa l’abilità tecnica, il rigore documentario, l’immaginazione dell’artista. Alcuni modelli sono intrisi di design onirico fatto di contaminazioni neo-barocche retro-futuriste, sinistri, enigmatici, attraenti e sfuggenti. Il vuoto pneumatico della storia è una bolla oscillante fuori baricentro, immaginazione inquieta senza rimpianti né legami col tempo, come puro essere sospeso sull’impossibile.

Sottovuoto, silenti e reticenti, come generatori di attenzione, avvolti nella passione della dannazione, attraenti e sfuggenti, appesi ad un destino mancato di desolazione,  sospesi, bendati e sbandati, cullati dal vuoto acceso sotto occhi spenti, esseri mutanti di un futuro ancora da decrittare, ma che l’arte è già in grado di annunciare.

Vittorio Raschetti

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